
Nel cuore della rivoluzione digitale, la Generazione Z è cresciuta immersa in un flusso incessante di notifiche, like e feed infiniti. Per molti, la presenza costante sui social media è diventata un elemento imprescindibile della vita quotidiana. Tuttavia, per altri come Gabriela Nguyen, studentessa della Harvard Graduate School of Education, questa realtà si è rivelata una trappola da cui è necessario liberarsi.
Nguyen, cresciuta nella Silicon Valley, ha vissuto sin dall’infanzia l’esperienza di essere “un topo da laboratorio” di un mondo iperconnesso, dove la tecnologia prometteva di alleviare la solitudine e democratizzare la conoscenza, ma che in realtà ha spesso amplificato l’isolamento e le distrazioni. La sua storia personale è emblematica: dopo anni di tentativi infruttuosi di gestire l’uso dei social attraverso limiti di tempo e detox digitali, ha deciso di abbandonarli completamente. Ha optato per un telefono “dumb phone”, privo di connessione internet, una scelta radicale che le ha aperto nuove prospettive di attenzione, relazioni autentiche e libertà mentale. La sua esperienza dimostra che vivere senza social media è non solo possibile, ma anche desiderabile, offrendo un percorso verso un rapporto più sano e consapevole con la tecnologia.
Appstinence, fondata da Nguyen, è un movimento studentesco che supporta i giovani nel costruire una vita senza social media. Il suo metodo, le “5 D”, guida gradualmente alla riduzione dell’uso digitale: Diminuzione, Disattivazione, Cancellazione, Downgrade e Astinenza. Questa strategia riconosce le difficoltà di abbandonare piattaforme radicate nelle abitudini quotidiane, offrendo un percorso personalizzato e sostenibile per recuperare il controllo del tempo e dell’attenzione, senza considerare l’astinenza come un’utopia, ma come un processo praticabile.
Abbandonare i social media può essere doloroso, portando a una selezione delle amicizie e alla consapevolezza della superficialità delle connessioni digitali. Tuttavia, questa scelta offre l’opportunità di rafforzare legami autentici attraverso telefonate e incontri di persona, spesso trascurati nell’era digitale. La disintossicazione digitale permette di recuperare tempo e energia, evitando le oltre cinque ore giornaliere passate online, che spesso generano ansia più che benessere. Nguyen invita a riflettere se valga davvero la pena dedicare così tanto tempo a una socialità superficiale e a un’immagine virtuale costruita su giochi sociali e auto sorveglianza.
Appstinence, nato a Harvard, ha attirato l’attenzione di accademici e personalità come Jonathan Haidt e Ariana Huffington, e si sta espandendo con richieste di coaching e nuovi gruppi in università, scuole e aziende. Il movimento promuove non solo l’astinenza dai social, ma anche una riflessione critica sull’uso della tecnologia nelle scuole, con interventi per migliorare attenzione e coinvolgimento degli studenti. Nguyen, dopo la laurea, mira a diffondere questa filosofia per aiutare le persone a riscoprire una vita reale più consapevole e meno frammentata.
La storia di Gabriela Nguyen e il successo di Appstinence evidenziano l’importanza di affrontare la dipendenza digitale in un’epoca in cui la tecnologia, pur offrendo connessioni, può anche causare isolamento e ansia. Non si tratta di condannare la tecnologia, ma di usarla con consapevolezza e moderazione. Un percorso di disintossicazione digitale, graduale e umano, permette di riconquistare il controllo del proprio tempo, attenzione e vita.