Le sue “lettere” si muovono su due binari opposti fornendo il punto di vista dell’oppresso e quello dell’oppressore.
La soppressione sconosciuta della Birmania arriva a Volterra (PI), nello spazio aperto di VolaterrA di Jonni Guarguaglini che ha sposato questo progetto vedendolo come una lampadina che si accende nel mondo dell’informazione e dei diritti umani. Il libro testimonianza di Mario Mari, poeta dalla penna cruda si presenta insieme al contraltare visivo del reportage d’autore di Tay Zir, direttamente dalle azioni drammatiche del golpe.
Mario Mari, che tipo di rivoluzione è quella che avete documentato?
Il conflitto di cui parliamo va avanti da ormai sessant`anni ed è il più lungo di questa nostra recente umanità. Più che di una rivoluzione dove le parti si contendono il potere, qua si tratta di un vero e proprio regime nazionalista che sopprime il popolo.
Popolo che, dopo aver sperimentato per un decennio che va dal 2010 al 2021 la democrazia, si è ritrovato nuovamente oppresso dai militari.
Quindi una resistenza silenziosa, e a fasi alterne, per l’identità e la libertà del popolo?
Esattamente, Stefano Lotumolo, curatore del progetto in essere, con le sue foto uscite sulla rivista nazionale Vanity fair, testimonia la voglia di vivere in libertà e la condivisione dei valori di un popolo in fuga. La resistenza è silenziosa soltanto poiché non interessa alle forze che governano il mondo.
Questo lavoro sinergico a colpi di inchiesta e pura arte è una forma nuova per smuovere la comunicazione che non c’è?
Nostro obiettivo principale è quello di aprire una breccia nel muro del silenzio sceso sulla questione birmana. I mezzi di informazione trovano poco attraente l’argomento per le logiche della comunicazione di massa contemporanea. Eppure il popolo vive e sopravvive a stento gettando lo sguardo verso di noi. Per loro il nostro lavoro è prezioso.
Che struttura e caratteristiche ha il tuo libro “Lettere dal Myanmar” ?
All’interno del libro sono contenute quindici lettere, quindi ha una forma epistolare. Trama ed i due mittenti di queste missive sono ideate da me. Ciò che trattano sta accadendo in Birmania e il nostro lavoro è partito dalle numerose interviste fatte al popolo.
Si può dire che la fantasia sia diventata strumento per manifestare la realtà?
Sì, l’arte attraversa la realtà e c’è magia. A mio avviso c’è la necessità che permei ogni cosa, compresa la politica per creare un linguaggio più fruibile, interessante e potenzialmente universale. Occorre comunicare in maniera diretta e muovere la sfera immaginifica per creare un’empatia col prossimo, anche col nemico.
“Lettere dal Myanmar” manifesta sia il punto di vista dell’oppresso e dell’oppressore, un approccio molto più completo, ma anche di analisi storico sociologica. Perché questa idea?
Per me raccontare la storia dal punto di vista della vittima e del carnefice è stato essenziale per evitare ipocrisie. Soliti ad identificarci dalla parte di chi subisce soprusi, si dimentica quanto poco ci voglia a diventare ciò che si odia. Basta evitare di perdonare.
Quindi un lavoro sulle questioni irrisolte dei diritti e delle libertà, ma anche sul significato attuale della natura umana?
Hai centrato il punto, di questo si parla e sono contento di poter condividere quanto detto con persone come te, in una città che di contenuti importanti ne ha sempre mossi attraverso la sua storia antica e contemporanea. Sono affascinato dal tema della pazzia intesa come manifestazione di libertà rispetto al determinismo di ogni sistema.
Mario Mari, classe 1995, vive in viaggio con base in Basilicata dove si sa e si sente padre e persegue i suoi progetti poetici, rurali e rivoluzionari.
Si ringrazia il Comune di Volterra per il patrocinio, l’associazione Life experience ed il VolaterrA di Jonni Guarguaglini.
Il libro “Lettere dal Myanmar”, affiancato dall’impattante mostra fotografica sarà visitabile fino a domenica 18 dicembre 2022 negli spazi di VolaterrA, via Giusto Turazza 5+ a Volterra (ingresso libero).
Info: VolaterrA tel. 0588 88765 / info@volaterra.it / http://volaterra.it.