Quando lo conobbi era approdato ad una tecnica del tutto sperimentale, originale e del tutto atipica: la pittura “con” la pietra.
Frantumava realmente sassi e gemme con un piccolo e ostico macinino di legno e ne ricavava i colori affascinanti e “caldi” che sfumava come sabbia su tavole dagli stilemi modernissimi, veicolando concetti ancestrali e contenuti universali.
Il professor Gianfranco Gianfaldoni era un volterrano ancora una volta “inedito”, originale e raffinato nella sua ricerca artistica combinata alle alte capacità del restauro, dal carattere gioviale ed accogliente, incisivamente ironico, insieme ad una personalità e competenza portentose.
E come i grandi artisti che la città più antica ha sfornato, era consapevole dell’importanza della storia e delle sue conquiste, in quel linguaggio dell’arte che Gianfranco conosceva a cominciare dalle tecniche “perdute” – di cui era una fonte preziosa di conoscenze – fino ai significati finali dell’opera e della sua comunicazione, attraverso chiese o oratori sperduti, cattedrali e pievi, riattualizzando con interventi artistici, o nel recupero attivo, stilemi simbolici e opere d’arte e decorazioni a cui ridava vita pulsante e nuova luce.
Nei suoi lavori “di pietra” i segni del patrimonio sociale e culturale condiviso e tramandato, ricompaiono in un territorio solido, ma sfumato, portavoce visivo e materico dei misteri congiunti di pensiero e linguaggio, ma la ricerca ha attraversato anche le epoche sovrapposte delle architetture della stessa Volterra, avvolte in una gioco di luci e ombre di immedesimazione metafisica, dove ritornano anche i dialoghi in bianco e nero, memori dei suoi incalzanti acquerelli.
Tracce di forme, lettere alfabetiche, segni di proprietà, neo-sassi aziliani, spesso disegnati in piombo, nelle incursioni metalliche proprie dell’antica tecnica della gemina – che Gianfaldoni conosceva e praticava, come ancora la stessa doratura di Duccio di Buoninsegna – su fondi sfumati di celeste e indaco, grigio ghiaccio, giallo di Siena, rosa di Verona.
La generosità di questo artista donava il passato al presente e viceversa interfacciava i linguaggi e le suggestioni del tempo, fino a portare il suo tratto fluido e le lacrime dell’oro sulla pietra volterrana: l’alabastro di luce.
Ultimo capitolo terreno di una forma d’arte che è entrata direttamente nella storia, ne ha assunto le tecniche arcaiche, e la stessa materia, in un linguaggio moderno e contemporaneo, che testimonia la circolarità e la continuità delle epoche, in una danza verticale eternamente sospesa fra immanenza e trascendenza.
Per lunghi anni professore nel senese, dalla doppia personale insieme a Lodovico Pini, presso le Logge del Palazzo Pretorio a Volterra, promossa dall’allora Assessore alla Cultura Renato Bacci, negli anni ‘90, Gianfranco Gianfaldoni, ritorna sulla scena espositiva con la mostra personale presso il Caffè Betti a Ponteginori, nel luglio 2011, con la prima tappa della pittura di pietra. Segue la personale “I Colori di Pietra” nel giugno 2012, ancora nello spazio della “Saletta del Giudice Conciliatore” di Palazzo dei Priori a Volterra.
Nel 2013, espone nell’ambito del quindicinale “Caffèll’ARTE” del Caffè dei Fornelli a Volterra, con un’antologica dedicata agli acquerelli a china ed agli acrilici acquerellati. Nella seconda metà di giugno dello stesso anno, di scena è la personale “Litologia”: ancora la pittura di pietra e la ricerca sui segni del pensiero, all’attenzione nel gioco semantico della parola: Lito- (dal greco λίϑος cioè “pietra”) e -logia (“discorso”). Una seconda edizione della mostra, apre, il 4 luglio 2014, il Festival Internazionale del Teatro Romano di Volterra, alla cui sintesi architettonica sono dedicati alcuni dei lavori esposti.
Acquerelli a china e pittura di pietra s’incontrano nel maggio 2015 per il ciclo di mostre che inaugura la riapertura del ristorante Torre del Porcellino, nel centro storico di Volterra.
Nel giugno-luglio 2016, la mostra “l’Origine /la Sorte /l’Intreccio” a cura dell’amico Renato Bacci, patrocinata dal Comune di Volterra e dall’Accademia dei Sepolti, incontra ancora il contesto antichissimo della Saletta del Giudice Conciliatore di Palazzo dei Priori.